Antiriciclaggio e adeguata verifica della clientela: come funziona, quando è obbligatoria e quali sono i vantaggi
L’adeguata verifica della clientela è uno dei pilastri dell’antiriciclaggio: quando un intermediario bancario o finanziario stipula un nuovo contratto, in Italia come nel resto del mondo, è tenuto a verificare l’identità del cliente e ad assicurarsi che la natura del rapporto non sia legata ad attività illecite o legate al terrorismo.
Ogni nuovo cliente, quindi, viene identificato e associato a un livello di rischio. Da questo dipendono le procedure KYC (Know Your Customer), che possono essere semplificate o molto più approfondite in base al tipo di cliente, alla natura del rapporto e all’entità delle transazioni.
Quando si parla di antiriciclaggio si fa riferimento all’insieme di norme, regolamenti e attività dedicate alla prevenzione e al contrasto di fenomeni come il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.
Il Decreto Legislativo 231/2007, il riferimento normativo in Italia per quanto riguarda l’AML (Anti-Money Laundering), definisce obblighi e strumenti dell'antiriciclaggio: in pratica banche, operatori immobiliari e professionisti di vari settori sono tenuti a eseguire l’adeguata verifica della clientela, a monitorare i rapporti con i clienti e a segnalare le operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF). Anche il divieto di utilizzare contante per pagamenti che superano i 5.000 euro rientra nell’AML.
L’adeguata verifica della clientela (KYC - Know Your Customer) è un tassello fondamentale dell’antiriciclaggio: prima di instaurare un rapporto continuativo o conferire un mandato professionale, è necessario raccogliere informazioni sulla clientela allo scopo di minimizzare il rischio di introdurre nel sistema risorse legate ad attività criminali. Dopodiché, in base al profilo di rischio attribuito al cliente, è necessario monitorare i suoi “movimenti” e assicurarsi che siano coerenti con la natura del rapporto e con il profilo del cliente (l’esempio più classico di operazione sospetta è quello di pagamenti o versamenti di importo insolitamente elevato).
La lista dei soggetti tenuti a seguire le pratiche indicate nel Decreto Legislativo 231/2007 non comprende solo banche e istituti finanziari. Negli anni, anzi, l’elenco dei soggetti obbligati si è esteso a nuove categorie. Oggi comprende:
Per quanto riguarda banche, intermediari finanziari e istituti di pagamento e moneta elettronica, gli obblighi sono estesi anche ai soggetti stranieri con sede in Italia.
L’adeguata verifica della clientela, con conseguente eventuale segnalazione di operazione sospetta, va eseguita ogni volta che:
Nel momento in cui si verifica uno di questi casi, è necessario attivare la prassi KYC e quindi assicurarsi di avere accesso a dati verificabili e aggiornati sul conto del cliente in modo da poter escludere che le risorse oggetto delle operazioni provengano da attività illecite.
L’adeguata verifica della clientela si basa su tre componenti fondamentali:
Lo scopo di queste procedure KYC è semplice: identificare con sicurezza il cliente e garantire nel tempo che le sue attività non siano fraudolente.
Come anticipato, l’antiriciclaggio segue un approccio basato sul rischio (RBA): piuttosto che applicare delle misure generiche uguali per tutti, quest’approccio si concentra sulle aree più “critiche”, stabilendo regole e prescrizioni proporzionate al livello di rischio.
Il tipo di protezione da applicare, quindi, dipende dalla natura del rapporto, dall’identità del cliente e dal contesto che ne consegue.
Esistono tre livelli di Due Diligence:
Quando il cliente è un soggetto giuridico, viene generalmente applicata la Due Diligence di base: oltre alle informazioni commerciali, vengono raccolti dati e documenti sulla titolarità effettiva, sui conti aziendali e su tutte le persone che ricoprono una posizione di controllo all’interno dell’impresa.
A prescindere dal suo livello di dettaglio, l'adeguata verifica antiriciclaggio deve affidarsi a documenti affidabili e indipendenti che attestino i dati anagrafici, le informazioni reddituali ed eventualmente societarie.
Per verificare l’identità di una persona fisica sono in genere richiesti la carta d’identità o il passaporto, mentre per le aziende si fa riferimento alla visura camerale, che include tutti i dati anagrafici dell’impresa nonché i bilanci depositati e i nominativi delle persone fisiche che detengono la titolarità effettiva.
Possono poi essere richiesti - in fase di onboarding o successivamente - anche estratti conto bancari, buste paga, bollette, contratti di locazione e dichiarazioni dei redditi.
Questi dati vengono acquisiti da banche e intermediari in maniera autonoma e indipendente: anche le informazioni ottenute direttamente dal cliente, infatti, vanno confrontate con documenti e database ufficiali.
Sempre più spesso, quindi, i soggetti obbligati fanno riferimento a servizi specializzati che permettono di acquisire migliaia di informazioni ufficiali e aggiornate tramite API dedicate a KYC e KYB (Know Your Business).
I servizi Know Your Customer API di Openapi, per esempio, permettono di identificare le PEP in tempo reale e monitorare le notizie negative relative al cliente semplicemente inserendo nome e cognome.
Gli obblighi della normativa antiriciclaggio, abbiamo visto, riguardano soprattutto i settori bancario, finanziario, assicurativo e immobiliare. L’adeguata verifica della clientela, però, è stata ben presto adottata anche da aziende non tenute a rispettare gli obblighi AML, un fenomeno che riguarda soprattutto quelle che operano esclusivamente online.
Il KYC, infatti, può essere applicato a fornitori e partner commerciali per tutelare la propria impresa e per contribuire a combattere i reati finanziari anche e soprattutto laddove non vi sia un contatto diretto con le controparti.
Una Due Diligence minima, inoltre, fornisce anche un controllo più accurato e puntuale sul proprio marketplace e permette di elaborare statistiche utili a migliorare il proprio business.
Per i clienti di e-commerce e servizi che prevedono strumenti di pagamento online, l’applicazione di controlli anche minimi sull’identità può risultare fastidiosa, ma contribuisce a creare maggiore fiducia negli utenti e rafforza notevolmente l’affidabilità dell’impresa - a prescindere dal settore in cui si opera.